Contratto di assicurazione sulla vita: ripartizione dell’indennizzo tra gli eredi beneficiari

Contratto di assicurazione sulla vita: ripartizione dell’indennizzo tra gli eredi beneficiari
25 Maggio 2021: Contratto di assicurazione sulla vita: ripartizione dell’indennizzo tra gli eredi beneficiari 25 Maggio 2021

Con la sentenza n. 11421/21, depositata il 30 aprile 2021, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta per risolvere un contrasto sorto in tema di ripartizione dell’indennizzo derivante da un contratto di assicurazione sulla vita tra gli eredi del contrante defunto, nel caso in cui il medesimo contratto preveda genericamente quali beneficiari “gli eredi legittimi”.

IL CASO. La pronuncia trae origine da una controversia riguardante la ripartizione dell’indennizzo assicurativo tra i cinque eredi del defunto, contraente di quattro polizze assicurative sulla vita.

Gli eredi legittimi erano il fratello e i quattro nipoti, figli della sorella, subentrati per rappresentazione.

Tizio, fratello del defunto, agiva in giudizio nei confronti della Compagnia assicurativa, deducendo che le polizze stipulate dal de cuius individuavano, in via generica, quali beneficiari “gli eredi legittimi” e che l’Assicurazione avesse errato nel suddividere l’indennizzo in cinque quote uguali.

Per l’attore, infatti, l’indennizzo avrebbe dovuto essere ripartito in base alle norme dettate dal codice civile in tema di successione legittima. Chiedeva, pertanto, il pagamento di una somma maggiore rispetto ai nipoti.

Il Tribunale di primo grado respingeva la domanda dall’attore, il quale decideva di proporre appello.

Il gravame veniva accolto dalla Corte d’appello, che riformava la sentenza di prime cure.

I giudici d’appello ritenevano, infatti, che Tizio avesse diritto a metà dell’indennizzo assicurativo in proporzione alla sua quota ereditaria e condannavano, quindi, la Compagnia di assicurazione a pagare in favore di Tizio una somma a titolo di differenza tra l’importo già versatogli e quanto dovuto in base alle polizze.

L’Assicurazione proponeva ricorso per cassazione per due motivi.

Con il primo, in particolare, deduceva che i beneficiari designati in un contratto di assicurazione sulla vita acquistano, ai sensi dell’art. 1920, comma secondo c.c., un diritto proprio (il diritto all’indennizzo), che trova la sua fonte nel contratto stesso e che non può essere devoluto secondo le norme sulla successione legittima.

La Terza sezione civile della Corte di Cassazione, rilevata la sussistenza di due orientamenti contrastanti in materia, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.

LA DECISIONE. La Suprema Corte a Sezioni Unite ha, anzitutto, ripercorso le motivazioni e le conclusioni dei due orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo maggioritario orientamento, l’art. 1920, comma secondo c.c. deve essere ricondotto alla figura del contratto a favore di terzi, con la conseguenza che, per effetto della designazione contenuta nel contratto di assicurazione, il terzo beneficiario acquista un diritto proprio (e non iure successionis), che trova la propria fonte nel contratto stesso.

Da tale qualificazione, deriva che la generica designazione degli “eredi” quali beneficiari dei vantaggi assicurativi ha il solo scopo di individuare le persone titolari dei diritti derivanti dall’assicurazione mediante l’accertamento della loro astratta qualità di erede, ma non comporta il rinvio alle quote di ripartizione dell’eredità secondo le regole della successione legittima o testamentaria.

Pertanto, la ripartizione dell’indennizzo tra i beneficiari del contratto assicurativo avviene per quote uguali, trattandosi di un’obbligazione soggettivamente collettiva, nascente da un atto inter vivos.

Diversamente, un secondo orientamento sostiene che una clausola che individui quali beneficiari della polizza assicurativa “gli eredi” comporta necessariamente il rinvio anche alle disposizioni codicistiche relative alle quote di ripartizione dell’eredità, poiché il termine “erede” implica un riferimento non solo al modo (e quindi alla fonte) in cui tale qualità si acquista in astratto ma anche alla “dimensione di tale acquisizione e, dunque, al valore della posizione ereditaria secondo quella fonte”.

Secondariamente, la Suprema Corte ha descritto il dibattito dottrinale in materia, evidenziando come la dottrina prevalente condivida il primo orientamento giurisprudenziale.

Infine, le Sezioni Unite hanno dichiarato di aderire al primo e prevalente orientamento, affermando che la designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita è un atto inter vivos con effetti post mortem, che comporta l’acquisizione di un diritto proprio. 

Conseguentemente, hanno ritenuto che la generica designazione degli “eredi” quali beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita abbia la sola funzione di indicare all’assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implichi presuntivamente l’applicazione tra i beneficiari delle regole di ripartizione dei crediti ereditari.

Pertanto, nel comporre il contrasto di pronunce sul tema, la Suprema Corte ha affermato i seguenti principi di diritto:

La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dall’art. 1920 c.c., comma 2, comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione”.

La designazione degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo.

In applicazione dei suddetti principi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalla Compagnia di assicurazioni e ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello in diversa composizione.

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